Ormai dei Fine Before You Came compie 10 anni. Parliamone.
di Marco Palatella
Per quanto mi riguarda, si può tranquillamente dire, senza incappare in nessun tipo di provocazione o pensiero impopolare, che i Fine Before You Came rappresentano per l’emo italiano ciò che un gruppo come i Pink Floyd (o qualsiasi altro gruppo iper-blasonato) rappresenta per il rock classico e oltre. Sì, perché i FBYC possono essere inseriti tra i gruppi italiani che sono riusciti a guadagnarsi lo status di “intoccabili”, proprio come possono essere definiti quei gruppi ormai considerati delle pietre miliari nel loro genere, e non solo. Del resto, essendo attivi da più di 20 anni e con una discografia quasi impeccabile, specialmente se parliamo dei dischi in lingua italiana, non poteva accadere altrimenti, e non potevano non diventare così iconici all’interno del panorama emo e indie nostrano. E se davvero possiamo considerare i Fine Before You Came così importanti nella cultura musicale nazionale, lo dobbiamo principalmente a dischi come Sfortuna e Ormai, album che hanno letteralmente fatto scuola all’interno del genere, e non solo.
In questa recensione parlerò, appunto, di
Ormai, un disco che rappresenta un tassello fondamentale nello sviluppo
dell’emo italiano, e il perché è presto detto.
Uscito il 22 gennaio 2012, ad Ormai spettava il difficilissimo compito di fungere da degno successore ad un disco così seminale ed iconico come Sfortuna, pubblicato 3 anni prima: un album che è diventato istantaneamente un classico emo senza nemmeno avere avuto il tempo di invecchiare causa la sua altissima qualità compositiva, di cui starei ore a parlare, ma non è questa la sede adatta per farlo. Compito decisamente arduo, ma che Ormai è riuscito a svolgere in maniera ottima, riuscendo a mantenere una qualità molto alta pur differenziandosi dal precedente disco.
La principale e sostanziale differenza tra Sfortuna e Ormai sta nella struttura stessa del disco: mentre il primo si può definire come un album “tutto d’un pezzo”, data la sua eccezionale coesione, il secondo appare più come una raccolta di ottime canzoni, che in successione funzionano comunque benissimo, ma che appaiono meno unite tra di loro rispetto a Sfortuna. Caratteristica, questa, che rimanda al gusto personale la decisione di preferire l’uno o l’altro disco, dato che la qualità compositiva è la stessa, altissima, per entrambi.
Questa peculiarità di Ormai porta l’attenzione verso le canzoni singole piuttosto che verso l’album nel suo complesso: canzoni che presentano un songwriting che definirei “da manuale”, dato che sono completamente prive di punti morti o di minore pathos e sono tutte estremamente coinvolgenti senza mai annoiare, grazie a trovate tecniche molto interessanti (come alcuni rimandi al math rock per quanto riguarda le partiture di chitarra e batteria) mescolate a melodie ad hoc che risultano quasi catchy, in un mix che appare più che mai azzeccato e puntuale in ogni suo dettaglio. Per questo motivo i 28 minuti del disco scorrono senza che l’ascoltatore abbia il tempo di accorgersene, e l’album sembra quasi una raccolta di singoli che potrebbero tranquillamente finire in radio a ripetizione, nella remota possibilità che possa esistere una radio emo italiana (non andrò a mentire, sarebbe un sogno).
I suoni e le melodie di Ormai appaiono studiate
apposta per rimanere in testa: il sound freddo e cupo della chitarra la fa
sembrare come se fosse sul punto di piangere, mentre è impossibile non rimanere
catturati dalle linee vocali di Jacopo Lietti dal timbro acutissimo e quasi
stridulo, complici anche i cori piazzati nei punti più giusti e a dir poco
irresistibili, ed i testi scritti in maniera magistrale e colmi di
esistenzialismo, con numerosissime frasi ad effetto. Tutti ingredienti che
hanno contribuito a rendere canzoni come ''Sasso'', ''Magone'', ''Paese'' e ''Capire
Settembre'', tanto per citarne alcune, dei veri e propri inni e pietre miliari
dell’emo italiano, tanto che gli stessi Fine Before You Came si rifiutano di
eseguirle ai concerti più recenti, poiché a detta loro le hanno suonate troppe
volte. Unico neo è rappresentato da ''Per Non Esser Pipistrelli'', canzone che di
per sé non è affatto sgradevole, ma stona nel contesto del disco poiché, pur
essendo un ottimo pezzo, non riesce a raggiungere i livelli qualitativi del
resto del disco.
In conclusione, assistiamo
al decimo compleanno di un disco che ha contribuito alla storia e allo sviluppo
di un genere, l’emo, che in Italia ha assunto caratteristiche nazionali ben
definite, e ciò è stato possibile anche e soprattutto grazie al dittico
Sfortuna-Ormai. Ormai rimarrà per sempre nel cuore di chiunque, come me, sia un
fervente appassionato di questo genere di musica, e merita, dunque, di
festeggiare un felice e glorioso decimo compleanno, all’insegna delle lacrime e
dell’urlare la propria inadeguatezza alla vita esattamente come fa Jacopo in
questo caposaldo emo.
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