Maps of Non-Existent Places dei Thank You Scientist compie 10 anni. Parliamone.

 



di Giovanni Bredo

Sarà molto difficile parlare di questo disco. 

E il motivo è presto detto: i Thank You Scientist sono uno dei mie gruppi preferiti. Loro e i norvegesi Moron Police hanno acceso in me nel 2019 una scintilla di interesse per il Prog, genere che fino ad allora mi aveva interessato molto poco. Da lì è stato un attimo scoprire mille scene collegate, gruppi meravigliosi che mai avrei pensato potessero interessarmi, passando per il Djent e il Math Rock. E tutto questo lo devo ai Thank You Scientist, gruppo il cui nome ai più non dirà niente, ma che per gli appassionati sono un nome molto rispettato grazie ad album di altissimo livello musicale. Il più celebrato dei loro dischi, ma non il mio preferito, è decisamente il loro LP di debutto, che fa un bell'anniversario proprio oggi. 

Maps of Non-Existent Places compie 10 anni. Parliamone. 

Gruppo fondato in New Jersey, i Thank You Scientis si fondano nell'ambito di un progetto musicale universitario, e il loro è un Prog Rock molto particolare, con accenni Metal, Jazz e Funk e uno stile che varia di album in album, influenzato da gruppi come i King Crimson e i Coheed And Cambria. Ironica è proprio l'influenza di quest ultimo gruppo, visto che Maps of Non-Existent Places è stato rilasciato proprio da Evil Ink Records, l'etichetta fondata dal cantante dei Coheed And Cambria. Dopo l'ottimo EP di debutto The Perils of Time Travel nel 2011 (in breve: un po'acerbo ma molto interessante, consigliatissimo l'ascolto di ''Gemini'' e ''Grin''), i Thank You Scientist se ne escono con un disco che amplia e costruisce sul sound del loro EP di debutto con un approccio pregno del loro stile eclettico, ma che è anche molto diretto, pesante nel suono delle chitarre. Una scelta che ripaga in certi punti, e che forse è stata scelta a causa della poca esperienza del gruppo e per rendere la propria proposta più approcciabile al pubblico, ma che rende comunque Maps Of Non-Existen Places un disco molto interessante.

Mentirei, però, se non dicessi che i punti migliori dell'album sono proprio quelli che discostano dalla formula più diretta. Un ottimo compromesso in questo senso è l'opener ''A Salesman's Guide To Non-Existence''.

Chiaramente musica con cui si può pogare, veloce, diretta. Ma la parte più interessante sono i fiati Jazz che danno un tocco di classe ed originalità al pezzo. Meravigliosa anche la performance vocale del frontman Salvatore Marrano, un gusto acquisito per molti che si approcciano al gruppo e che eccelle nelle sezioni più tranquille dei pezzi, pur mostrando sprazzi della potenza che diventerà evidente nei dischi successivi (Terraformer in particolare, amo quel disco). 

L'album si tiene su una versione più Funk dello stile dei Coheed And Cambria, pezzi come ''Feed The Horses'' in particolare. Da segnalare è l'eccellente approccio ''fritto misto'' di generi in ''Blood On The Radio'', pezzo che spazia dal Rock al Metal, fino ad un assolo di tromba incredibile ed accenni latino-americani. L'intero pezzo è una gioia acustica, da gustare più volte per cogliere le sfumature soniche che si vengono a creare. Lo stesso vale per ''Suspicious Waveforms'', pezzo strumentale molto interessante che funge da ottima introduzione allo stile del gruppo. 

La mia parte preferita del disco, però, rimane il duo che chiude l'album. A partire dalla mazzata che è ''In The Company Of Worms'', ancora adesso uno dei miei pezzi preferiti del gruppo. 

Quell'intro è mastodontico, uno dei momenti più pesanti del disco, ma perfettamente in linea con lo stile del gruppo. Lo amo alla follia, ogni secondo dei 50 che lo compongono, dal giro di shamisen o banjo o quello che è fino al riff di chitarra e alla dirompente sezione fiati. Il pezzo in sé è magnifico, un ascolto caldamente consigliato non solo per le capacità musicali che attraversano il brano, ma per una performance vocale che ricorda la teatralità di Maynard James Keenan dei Tool. Il pezzo è però un po'eclissato da ciò che chiude l'album, una canzone che è forse quella più conosciuta del gruppo: 

''My Famed Disappearing Act''. 

Sicuramente dal vivo deve essere un colpo al cuore, visto il testo (''We'll miss you everyone/ It sure was fun, the times we all had''). Setlist.fm conferma questa mia supposizione, visto che questo è IL pezzo con cui i Thank You Scientist chiudono ogni loro concerto a quanto pare. Una vena malinconica ed agrodolce che sfonda la pesantezza del riff principale ed è esaltata dalla sezione fiati, con una conclusione irresistibile guidata da un basso a tutta velocità. Semplicemente fenomenale. 

Maps of Non-Existent Places è un album che può essere difficile da approcciare, ma che sa dare un sacco di soddisfazioni a chi lo ascolta. A dispetto del sound più approcciabile, questo è un ottimo punto di partenza verso la varietà di stili e di canzoni che i Thank You Scientist porteranno nei loro dischi successivi. 

Ma questa è una storia per un altro anniversario. 

Brani consigliati: ''A Salesman's Guide to Non-Existence'', ''Blood On The Radio'', ''Suspicious Waveforms'', ''In The Company Of Worms'', ''My Famed Disappearing Act''; consiglierei l'album integralmente, ma è meglio cominciare passo passo.





Torna su questi lidi dopo una lunga latitanza Giovanni Bredo (1996). Studente al secondo anno di laurea magistrale in Scienze del Linguaggio presso l'università Ca'Foscari di Venezia, Giovanni è reduce da un bellissimo concerto dei Delta Sleep il weekend scorso vissuto con buona parte della redazione di Ciambella Letteraria. 

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